Violenza sulle donne

Stalking e femminicidio: ne parliamo con Raffaella Casamassima

Alessandro Greco
Raffaella Casamassima
Raffaella Casamassima, presidente dell'associazione cassanese No More Difesa Donna ci da la sua opinione sullo stalking e il femminicidio dopo i recenti episodi di cronaca nera
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Abbiamo affrontato il fenomeno sempre più diffuso dello stalking e del femminicidio e ne abbiamo parlato con Raffaella Casamassima, presidente dell’associazione cassanese No More Difesa Donna, che si occupa del primo ascolto delle donne vittime di violenza e fornisce il giusto supporto legale e psicologico per questo tipo di fenomeno. Di seguito la nostra intervista esclusiva alla presidente della suddetta associazione.

Raffaella, è in aumento questo tipo di fenomeno? Come vedi questo tipo di fenomeno?

“Partiamo dal presupposto che la violenza contro le donne non è un fenomeno che nasce oggi nel 2017. E’ semplicemente un fenomeno culturale che è sempre esistito, ma che sta diventando sempre più efferato, perché sono cambiate anche le modalità di relazionarsi, ma soprattutto i contesti sociali in cui viviamo perché la violenza di genere è sicuramente un fenomeno culturale nel senso che ha le sue radici in una cultura maschilista,patriarcale che vuole la donna su un gradino inferiore rispetto all’uomo. Una donna che si deve dedicare alla cura esclusiva degli affetti famigliari, dell’ambito domestico, che non deve avere altre relazioni che non siano quelle dell’entourage del nucleo famigliare e che in un certo senso voleva e continua per certi aspetti e in alcuni ambiti a volere la donna priva della propria libertà e lo vediamo soprattutto negli ambiti della violenza domestica per arrivare poi anche allo stalking. Lo stalking è una manifestazione di violenza. Ricordiamo il primo caso in Puglia, Santa Scorese, caso sottovalutato e poi si è visto come è andato a finire. Io ritengo che ci sia una maggiore attenzione mediatica a questo fenomeno, ma non riesco neanche a definirlo tale, a questa realtà. Purtroppo è una realtà che ci appartiene, ma che non riusciamo a sconfiggere perché gli attori che dovrebbero o meglio che devono intervenire per arginare, delimitare questa realtà nuda e cruda che è quella della violenza contro le donne purtroppo non si impegnano tutti al cento per cento per portare questo cambiamento culturale che vuole la parità e deve giungere alla parità dei sessi”.

Come vedi dunque questo riverbero mediatico che si è diffuso in questi giorni dopo i casi di cronaca nera? E’ una cosa negativa o positiva per le persone che circondano la vittima del femminicidio, della violenza sessuale o dello stalking?

“Sicuramente si fa bene a parlarne,se ne deve continuare a parlare, però è anche bene parlarne in maniera corretta. Nel senso che anche i media devono avere una comunicazione che sia rispettosa di quello che accade. Perché quello che accade non è paragonabile ad un furto. La violenza sessuale non può essere paragonata a tale reato. Per cui anche quando si vanno ad affrontare casi di cronaca come quelli relativi alla violenza sessuale, si deve fare attenzione a non rendere protagonista, o meglio troppo protagoniste le vittime dei casi di cronaca perché già per una donna è difficile rivolgersi ai carabinieri per denunciare una violenza sessuale, già è difficile il percorso che devono intraprendere negli istituti sanitari per gli accertamenti della violenza sessuale. Per cui buttare su due pagine quelli che sono i referti sanitari, quella che è stata la dinamica del reato commesso, è per la vittima sicuramente una doppia violenza, una violenza psicologica”.

Questo riverbero mediatico secondo te induce altri uomini a emulare l’atto?

“Io faccio l’avvocato, ma non sono una psichiatra o una psicologa. Io credo di no. Credo che se il maltrattante deve agire, agisce indipendentemente da ciò che legge sul giornale, nell’ottica del sex offender. Se parliamo poi dei sex offenders, entriamo poi nel campo della psiche, si tratta di una categoria particolare. Ci sono infatti diagnosi particolari, sono soggetti che vengono anche nelle carceri sottoposti a trattamenti terapeutici e di riabilitazione differenti rispetto agli altri”.

Se a livello di legislazione italiana vi è una legge sullo stalking, atta a tutelare il reato in se perché non istituire una legge nazionale anche sul femminicidio?

“Io credo che quello che è stato fatto finora non basti assolutamente. Era stata varata la cosiddetta legge sul femminicidio, però non è abbastanza. Se pensiamo che quello che è stato fatto, è stato poi completamente distrutto dalla depenalizzazione di alcuni reati,tra cui anche quello di stalking, pensiamo al fatto che le vittime non è un caso che ci pensino su due o tre volte prima di recarsi all’autorità giudiziaria. Perché se io posso cancellare il reato di stalking pagando una pena pecuniaria, questo significa che io pago però quello che ho sofferto potrei continuare a soffrirlo, ma significa anche che colui che mi ha maltrattata o perseguitata non avrà la giusta pena. Infatti il reato si estingue pagando una pena pecuniaria. Io dico pene più severe, una formazione di tutti gli attori in campo e quindi magistrati, carabinieri, questura, avvocati, psicologi, assistenti sociali, tutti devono essere formati su quella che è la violenza di genere. Perché lo voglio ripetere è un discorso prettamente culturale, per cui se non si esce da questo ambito, si continuerà a vedere la donna come responsabile del fatto che siccome porta la mini gonna sono autorizzato a molestarla. Una donna deve essere libera come un uomo di vestirsi come le pare e andare in giro all’orario che ritiene più consono”

Ringraziamo l’avvocato Raffaella Casamassima per averci concesso l’intervista e ricordiamo ai lettori che l’associazione No More Difesa Donna promuoverà per l’intero mese di novembre 2017 una campagna di sensibilizzazione per le donne vittime di violenza.

lunedì 2 Ottobre 2017

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